Fin dall’antichità le maschere sono state usate in molte tradizioni teatrali, dal teatro No giapponese a quello classico. Nell’antica Grecia, ad esempio, le maschere avevano la funzione di caratterizzare il personaggio e rendere riconoscibili le sue emozioni. La consacrazione della maschera all’interno del teatro Europeo avviene grazie alla diffusione della commedia dell’arte nel Cinquecento.
Oltre ad alcune funzioni pratiche, la maschera in ambito teatrale porta in scena la contraddittorietà di numerose situazioni della vita umana e un costante senso di provocazione e mistero.
Oggi, quando si sente nominare il termine maschera si pensa immediatamente al Carnevale di Venezia le cui maschere sono riconosciute e apprezzate in tutto il mondo. La storia del Carnevale veneziano è molto lunga, le prime testimonianze risalgono al 1094 e fanno riferimento a divertimenti pubblici organizzati nei giorni che precedevano la Quaresima. Il primo documento ufficiale è invece del 1296 quando il Carnevale diventa una festa pubblica ufficiale.
Il Carnevale divenne quindi nei secoli un simbolo di divertimenti sfrenati e di irresponsabilità che visse il suo momento d’oro nella Serenissima del ‘700. Per molti giorni all’anno, qualsiasi desiderio diventava realizzabile, né l’uomo né tantomeno la legge potevano opporsi. Proprio questo clima di trasgressione e spensieratezza ha creato le infinite suggestioni legate al Carnevale, facendo conoscere le sue maschere in tutto mondo.
La materia prima che da vita alle maschere create all’interno de La Fucina Dei Miracoli è la cartapesta, lavorata attraverso una tecnica di produzione che unisce tradizione e innovazione.
Prima della cartapesta c’è la carta che viene lavorata con l’acqua, pestata in un mortaio e modellata attraverso uno stampo in rame. Una volta asciutta e stirata, la maschera acquisisce una superficie liscia, che verrà poi decorata a mano.
Pizzi, perle e cristalli impreziosiscono le maschere a mezzo volto della collezione Ballo in maschera, creata per celare e allo stesso tempo mostrare. La raccolta San Marco riunisce tutte le creazioni più eccentriche in cui stoffe pregiate, metalli traforati e passamanerie creano maschere fantasiose e personaggi audaci. L’antica tradizione popolare veneziana prende vita grazie alla collezione Tarocchi in cui decorazioni in foglia d’oro ricordano il gusto barocco della Serenissima settecentesca.
Il fascino e il mistero delle maschere ha influenzato anche il cinema, la moda e tutta l’arte in generale. Come l’ultima opera di Kubrick, Eyes wide shut, in cui la maschera è il mezzo attraverso cui la verità viene svelata. Nascondere la propria identità celando il proprio volto si rivela l’unico modo in cui mostrare la propria natura.
La maschera rappresenta la reale essenza dell’uomo, camuffata nella quotidianità e negata dalla morale comune.
Questo stesso concetto lo si ritrova anche legato alle vite e alle storie della maggior parte dei supereroi: il loro agire fuori dall’ordinario non verrebbe compreso dalla società e di conseguenza devono nascondere la loro vera identità. Anche il pittore Emil Nolde rivede nelle maschere qualcosa di ancestrale e di primitivo. Nei suoi dipinti infatti la maschera simboleggia il legame con il proprio lato animale, ormai reciso dall’uomo moderno, la maschera è lo specchio di una vita che l’uomo del XX secolo ha rifiutato e perduto.
Anche il mondo della moda non ha saputo rinunciare al carisma della maschera tanto che la ritroviamo nella creazione di diversi stilisti, come Rick Owens o Martin Margiela, con significati e rimandi opposti, per alcuni la maschera è un simbolo mistico di una primitività da ricercare e riconquistare, per altri invece, è una spinta verso il futuro, la maschera viene spesso associata all’universo della tecnologia e dei robot, diventando una sorta di device in grado di proteggere, nascondere, decorare o intrattenere.